lunedì 16 dicembre 2019

Via delle guide alpine

I miei nonni avevano una casa in via delle guide alpine.
Al primo piano.
Per provare a entrare dalla finestra della cucina, una volta mi sono sfracellata su una moto. Ho ancora un segno sul polpaccio.
Un'altra volta è piovuto talmente tanto che creammo una diga e giocammo a fare sculture con il fango sulla discesa.
Di inverno non sapevi mai se la macchina al mattino ce l'avrebbe fatta su quella salita, in bocca il sapore della zuppa di latte e caffè con il pane vecchio e negli occhi il sonno e il freddo.
D'estate sul balcone giocavo a accendere i fogli con la lente di ingrandimento di mio nonno e con il sole.
Dietro casa loro da quel balcone si vedeva e vedi ancora prati, montagne, qualche casa, un sentiero di quelli con le croci di legno per fare la via crucis.
Dietro casa c'erano due o tre discese tutte di prato.
La prima discesa la facevamo con il culo sugli slittini del nonno o sulle buste di plastica e tornavamo a casa fradici e senza fiato per le risate.
D'estate invece lì correvamo e provavamo a fare volare un aquilone con disegnato un fenicottero mentre mamma e papà leggevano il giornale sdraiati al sole su una coperta.
La seconda discesa non dovevi farla, in fondo c'era un torrente: il Boite e lì ci era caduta la Pia, ma non si sapeva se ci era caduta o se ci si era buttata, ma comunque a casa non era mai tornata.
Qualche anno fa mi ha mandato una foto mia zia, una foto fatta dalla soffitta ancora sua.
C'erano dei caprioli che passavano di là, proprio là. Si vedeva il silenzio.
Bene ... là, proprio là,  vogliono farci la tangenziale.
Fine.


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