mercoledì 19 febbraio 2014

a volte ti fanno ripensare ...

Lei mi ha fatto pensare a vecchi ricordi e non è la prima volta che lo scrivo e lo racconto, ma anche oggi, un commento ad un post è diventato un fiume, che copio anche qui.

il mio grande (chiccodigrano) è nato alle 00:40 del 30 luglio 2010 con un Apgar 5, cianotico, ma dopo 5 mnuti il suo indice era già salito a 8.
In quei 5 minuti in sala parto abbiamo assistito a uno di quegli scontri “alla pellona”: il mio anestesista (avevo fatto l’epidurale) ha bloccato la pediatra nel momento in cui stava per intubare chiccodigrano, dicendole “ce la fa, ce la fa da solo”. Lei si è risentita e da lì è iniziata la battaglia …
Chiccodigrano è stato portato al nido, si era ripreso alla grande, Apgar nella norma, ha sempre respirato da solo … ma poi un po’ di acidosi e lo hanno spostato in terapia intensiva neonatale per somministrargli del bicarbonato.
Tutto questo è stato comunicato al mio compagno con le seguenti parole dalla suddetta pediatra: “dobbiamo portarlo per controlli in terapia intensiva”
lui “come? che dice? come terapia intensiva? può ripetere non capisco …” lei “si in terapia intensiva, il bambino non ha respirato subito, potrebbe avere danni neurologici” lui muto.
Io intanto ero nella mia stanza dove non ho smesso di parlare per tutta la notte e dove nessuno è venuto a dirmi nulla oltre a “il bimbo è stato spostato in terapia intensiva”.
Mia suocera ha domandato alla ostetrica “come mai la pediatra è stata così scortese con mio figlio?” e lei ha risposto “eh la pediatra se la prende perchè voi fate l’epidurale per partorire e si sa che i bambini non nascono bene con l’epidurale”.
Questa frase mi ha fatto compagnia fino alle 9 del mattino dopo, mi fa ancora compagnia diciamolo, ma con papaverina l'epidurale l'ho fatta lo stesso: parto da manuale.
Alle 6 mi sono alzata (avevo qualche punto, voi sapete che attraversare due lunghissimi corridoi dopo un parto naturale non è comunque una passeggiata) e ho raggiunto la terapia intensiva neonatale … lì c’era un papà che aspettava fuori, più preoccupato e meno fortunato di me.
Il suo bimbo era stato trasferito da un altro ospedale in condizioni critiche.
Ovviamente dentro avevano da fare, e questo mi dissero al citofono, nulla più.
Al momento le odiai, il giorno dopo capii.
Durante la notte il mio ginecologo mi spiegò la “particolarità” di quella pediatra.
Alle 9 arrivo l’anestesista, era la terza volta che lo vedevo in vita mia, mi strinse un braccio e mi disse “ragazza tutto a posto, il bambino sta una bellezza a parte il fatto del braccio, ma è una sciocchezza”
io “braccio? quale braccio? perchè braccio? nessuno mi ha detto nulla”
lui “una frattura della clavicola, capita spesso, spesso neanche ce ne accorgiamo, non è nulla di grave”
io piango, finalmente dopo ore di euforia da anestetici e lacrime trattenute.
lui “ragazza non è colpa tua”
l’unico ad avermelo detto, l’unico ad avermi toccato.
Ho vissuto i calzari, la separazione, gli orari per dare il latte e la preoccupazione che dietro ogni allarme ci fosse il mio.
Ho diviso l’attesa con mamme che facevano quella trafila da mesi, abituate a mangiare lì dietro perchè poi tanto 3 ore fra una poppata e l’altra passano presto.
Ho visto mamme per cui quella possibilità di vedere i piccoli ogni 3 ore era manna dal cielo, perchè ci sono stati giorni in cui i bambini non potevano neanche vederli.
Ho sentito grida di gioia e ho visto lacrime e paura sul loro volto quando gli veniva comunicato “oggi esce”.
Mio padre ha visto chiccodigrano quando aveva già 4 giorni e i miei amici venuti a trovarmi non lo hanno visto mai in ospedale, neanche dietro ad un vetro.
I bimbi in incubatrice avevano una stanza con un vetro da acquario e ad alcune ore la tenda veniva aperta e tutti potevano vederli, minuscoli, minuscoli, con i pannolini taglia 0 ballonzoloni, nelle loro incubatrici.
I bimbi in culletta (quelli che stanno bene e prossimi alle dimissioni) erano tenuti in una stanza senza vetro.
Nessuno poteva vederli e quindi nessuno lo ha visto mentre era là dentro, lui è passato quasi subito in culletta.
Io di questo ne ero immensamente felice, anche se fuori tutti si lamentavano di non poterlo vedere, tutti quelli che non hanno mai indossato cuffietta e calzari in vita loro.
Da allora amo gli anestesisti, soprattutto quelli burberi, che ti accolgono con lo sguardo incazzoso ma che poi però ti sanno toccare con una mano e una parola …
e odio le pediatre gelide, quelli che ne hanno viste troppe per stare serene e che hanno dovuto coprirsi con una coltre di cemento per svegliarsi comunque ogni mattina, indossare il camice e varcare quella porta.

PS: Ah Chiccodigrano ha detto la sua prima parola a 9 mesi, a 20 mesi aveva un vocabolario invidiabile e sapeva contare fino a 20 in italiano ed in inglese, oggi usa la consecutio con congiuntivi e condizionali meglio del 60% degli adulti che conosco: col cazzo che ha subito danni neurologici.

5 commenti:

  1. biondo con la erre moscia e per merenda vuole i pomodori.
    pure questi so' danni.

    (stasera vino o birra?)

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  2. a scuola gli stanno facendo fare degli esercizi per correggere la erre, posso anche morire.

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  3. Come vacche sacre gonfie di pianto
    Sono brutte e sfatte le donne, appena partorito. Sudano in gennaio e tremano d’estate, pallide sempre, in un travaglio che non ha mai fine.
    Le contrazioni, ondate di dolore come una mareggiata, la paura di schiantare, la dignità che sfuma, le urla all’aria che squarciano la pelle.
    Le conosco tutte le stazioni di questa viacrucis, antica più di Cristo, la via della passione da cui passa la sofferenza di ogni donna.
    L’episio, il parto, poi la placenta espulsa con l’ultimo conato e infine la sutura a carne quasi viva e quasi morta.
    Sono stravolte le donne, appena partorito. Escono da quella sala malferme sulle gambe, sorrette da uomini che tremano e qualche volta svengono, gli uomini. Le donne invece s’accasciano sul letto, vorrebbero dormire, dimenticare di essere famiglia, che i mariti sono troppo goffi e troppo dolore i figli. Tornar bambine, essere altrove.
    E invece arrivi tu, candido giudice malevolo, ad annunciare la pena del dolore aggiunto, che non tutto è andato per il verso giusto.
    Si scusano di piangere le donne, appena partorito. Si alzano dal letto frastornate e vanno, più vecchie di vent’anni, incontro al figlio nuovo che già si trova appeso a un filo.

    Infagottata
    in una vestaglia
    di lanetta stinta
    la donna sta
    immensamente sola
    piegata ai vetri dell’incubatrice
    come una colpa che non è.

    massimolegnani
    (mi hai fatto tornare in mente questo brano)

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  4. un po' a fagiolo ... spero che tu non ne incontri troppe di donne così ... spezzano il cuore

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  5. Credo che per un medico sia importante lasciarsi spezzare :-)
    ml

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